/ a cura di Cynthia Petrangeli /
Impresa che è Famiglia, Famiglia che è Impresa: non è un gioco di parole.
Il confine fra azienda e famiglia è il pranzo della domenica, quello che spesso si trascorre insieme. Sono in pochi a comprendere che – ad un certo punto della sua evoluzione – non è la famiglia che gestisce i ritmi dell’azienda: è l’azienda che gestisce i ritmi della famiglia. Chi è alla direzione di un’azienda familiare questa differenza la vive sulla sua pelle, nel bene e nel male.
E’ di azienda che si parla a tavola e – insieme al pranzo – ci restano sullo stomaco discussioni sulle diverse visioni aziendali. E’ importante che durante il passaggio generazionale ci sia sempre chiarezza sulla cosa più difficile da gestire: IL CONFINE FRA FAMIGLIA E AZIENDA.
Ho visto tante aziende familiari affrontare il passaggio generazionale con successo e tante altre inciampare. E’ un momento cruciale perchè non è solo una cambio di leadership: è un’opportunità per rinnovare, rafforzare e garantire la continuità dell’impresa nel lungo termine.
Il suo successo dipende anche da quanti conflitti familiari causati dall’azienda si riescono a superare.
E’ un viaggio complesso ma sicuramente avvincente, a volte anche divertente, spesso pieno di aneddoti che resteranno nella storia di Azienda e Famiglia. A noi è successo di vederli, viverli e ricordarli con nostri Clienti anche a distanza di anni. Alcuni di loro, come spesso suggeriamo, si erano scritti un diario giornaliero su quanto percepivano o su quanto stava accadendo in azienda: lo conservano ancora.
Un articolo non è certamente sufficiente per approfondire questo argomento e forse nemmeno un’enciclopedia. Avremo altre occasioni di scambio.
La trappola che fa sbagliare
Premetto un aspetto: per un Change Manager, un Executive Coach o un Mentor oggi è importante contaminarsi di reciproche conoscenze e poter comprendere quando far intervenire le diverse professionalità ma – durante la gestione del passaggio generazionale – attenzione a non far coincidere le tre funzioni con lo stesso professionista. Si vengono a creare forti dissonanze sia nei membri della famiglia sia fra i dipendenti dell’azienda.
Benefici e differenza di apporto di Change Manager, Executive Coach e Mentor
Cerchiamo di delineare come possono contribuire a una transizione senza intoppi.
I Change Manager svolgono un ruolo cruciale nel facilitare l’adattamento all’innovazione e nel coinvolgere attivamente tutti gli attori del programma. I Mentor offrono una guida esperta e trasmettono il patrimonio di conoscenze e i valori aziendali. Gli Executive Coach supportano lo sviluppo del mindset dei futuri leader. Il gioco di squadra riduce tempi e costi. Un team con specialisti trasversali – e con decenni di pratica – arriva prima ai risultati e incide di meno sui costi globali dell’operazione.
Approfondiamo e facciamo qualche esempio
Il passaggio generazionale è un complesso intreccio di fattori da considerare:
emotivi – le relazioni familiari, le aspettative, i legami affettivi con l’azienda possono influenzare le decisioni e creare tensioni;
culturali – ogni famiglia ha una propria cultura aziendale, valori e tradizioni che vanno preservati e al tempo stesso adattati ai nuovi scenari;
strategici – l’azienda deve affrontare un cambiamento di leadership, ridefinire la propria strategia e adattarsi a un contesto economico in continua evoluzione;
esterni – cosa sta accadendo sia intorno a noi sia nel contesto socio-economico? Quali nuovi orientamenti si stanno chiedendo alle aziende o imponendo loro attraverso nuove legislazioni? Un esempio le istanze sulla Sostenibilità, la ESG: un altro peso da sostenere o un’opportunità per le nuove generazioni che stanno arrivando al comando delle aziende di famiglia?
Il Change Manager
Il Change Manager analizza le dinamiche aziendali, valuta gli impatti del cambiamento e sviluppa strategie per coinvolgere e motivare tutti gli stakeholder.
Si occupa di gestire i cambiamenti organizzativi, minimizzando i rischi e massimizzando le opportunità. Definisce una roadmap chiara e dettagliata per il passaggio generazionale, considerando tutti gli aspetti coinvolti: dalla comunicazione interna ed esterna, alla riorganizzazione dei ruoli, fino all’implementazione di nuove strategie.
Cambiamento culturale
Gestisce anche il cambiamento culturale, spesso più un cambiamento che un passaggio: ogni generazione ha una sua visione e un suo modo di intendere la visione aziendale e la programmazione. Lo specialista aiuta a facilitare l‘integrazione delle diverse culture aziendali, promuovendo un clima di collaborazione, cercando punti in comune e mediando sul tutto il resto. Ricordiamoci che il “passaggio” non è subito definitivo e la fase più complicata per le diverse generazioni è la condivisione delle fasi decisionali.
Comunicazione davvero efficace è comunicazione intergenerazionale
Qui siamo ad un punto critico del quale si parla e si scrive tanto: il Change Manager si occupa di progettare e implementare piani di comunicazione efficace personalizzati alle esigenze dell’azienda in quel preciso momento. Un passaggio generazionale richiede una comunicazione trasparente e aperta con tutti gli stakeholder coinvolti: dipendenti, clienti, fornitori e, naturalmente, i membri della Famiglia. Un piano di Comunicazione che sia “efficace” ad evitare malintesi e resistenze deve nascere da una fase di analisi delle interazioni e delle relazioni fra le persone all’interno dell’azienda: diversamente sarebbe poco funzionale per un’azienda familiare.
Prima Assessment. Poi sviluppo di competenze e talento da far emergere.
Questo è un bel campo di battaglia per un Change Manager. La nuova generazione potrebbe non avere tutte le competenze necessarie per guidare l’azienda. Lo specialista aiuta ad identificare le lacune e a definire piani di formazione e di sviluppo personalizzati: va bene, lo dicono tutti i manuali del caso. Tuttavia stiamo parlando di un passaggio nella gestione dell’azienda di famiglia: abbiamo la responsabilità di scavare anche nelle potenzialità espresse dal talento di ognuno, quel talento che spesso resta in ombra e molte altre volte non si conosce nemmeno.
Il bravo Change Manager qui chiederà aiuto all’Executive Coach e al Mentor: scaveranno, porteranno alla luce, identificheranno hard skills e soft skills da potenziare e poi lavoreranno insieme sul talento della nuova generazione (e anche della meno giovane, che riserva sempre tante sorprese).
Rischi potenziali da affrontare e loro mappatura
Il cambiamento è sempre associato a un certo grado di incertezza. Il Change Manager aiuta ad identificare e mitigare i potenziali rischi, garantendo la continuità aziendale. Una mappatura dei rischi è uno strumento di grande aiuto durante il passaggio generazionale e deve includere sia gli aspetti familiari che quelli aziendali. Sono tanti ma soprattutto peculiari dell’azienda in quel preciso momento: individuare i fattori di maggior rischio per la specifica realtà aziendale per la quale si interviene a supporto, è uno dei compiti del Change Manager.
Qui di seguito solo alcuni ma senz’altro fra quelli da noi maggiormente intercettati.
Perdita di know-how
E qui non stiamo parlando di soft skills ma di skills molto hard ! Di quelle che devono evolvere, innovarsi, aggiornarsi ma mai perdersi. Il fondatore o gli amministratori di lungo corso hanno un bagaglio di conoscenze ed esperienze uniche, la cui perdita potrebbe incidere negativamente sull’azienda. Il rischio non previsto ha conseguenze durissime.
Conflitti familiari non aziendali
Ho imparato – scorticandomi la pelle in un paio di occasioni (quindi sbagliando) – che a volte l’Azienda è il campo di battaglia di conflitti familiari che nulla hanno a che vedere con l’attività di famiglia.
Un Change Manager in gamba deve avere una formazione che gli/le consenta di intercettare questo fenomeno e di non intervenire direttamente: deve chiedere il supporto dell’Executive Coach e verificare insieme se dietro a questi conflitti vi siano motivi più profondi che disturbano il passaggio generazionale e che devono essere affrontati da altri professionisti.
In questi casi il confine fra azienda e famiglia ha bisogno di strumenti non troppo flessibili. Li vedremo in altri frangenti. Qui limitiamoci a considerare i conflitti che nascono in ambito aziendale e che sono nella norma: eventuali rivalità tra fratelli, tra genitori e figli, tra nonni e nipoti e aspettative non allineate che possono generare tensioni o compromettere la coesione familiare durante il passaggio verso il nuovo corso.
Resistenza al cambiamento
La nuova generazione potrebbe portare nuove idee e approcci, generando resistenze da parte della generazione precedente e dei Collaboratori. Se è così, va tutto bene! Il Change Manager sa come e con chi coinvolgere attivamente tutti gli attori del processo in atto, favorendo il dialogo e la condivisione degli obiettivi. Sa quali strategie adottare per superare le resistenze e favorire nuove modalità operative.
Instabilità organizzativa
Ci sono due livelli di instabilità organizzativa agli inizi di un intervento di passaggio generazionale: le nuove generazioni hanno già stravolto tutto, le vecchie generazioni hanno già bloccato qualunque cambiamento per non farsi stravolgere tutto! In un caso o nell’altro, produttività e motivazione dei dipendenti sono destabilizzate e spesso in stato confusionale.
Problemi finanziari
Una valutazione errata del valore dell’azienda, una pianificazione finanziaria inadeguata o una gestione impropria del patrimonio possono generare tensioni, conflitti e blocchi preoccupanti non solo per il futuro della vita aziendale ma anche per il suo presente. E’ un argomento che necessita il giusto approfondimento anche con uno specialista del settore.
Qui evidenzio solo che la soluzione – prima di fare danni – c’è ! (La soluzione c’è anche dopo ma un bravo Change Manager deve saper identificare il problema al più presto ed evidenziarlo).
Chi entra prima in Azienda? Il Mentor o il Change Manager? E l’Executive Coach come la pensa?
La scelta del momento giusto per inserire il lavoro dell’uno o dell’altro dipende da una valutazione attenta delle esigenze dell’azienda e del nuovo leader. L’ideale sarebbe un approccio coordinato ed integrato, in cui Executive Coach, Mentor e Change Manager collaborano per garantire un passaggio generazionale fluido e ben controllato. Tuttavia non sempre è possibile né utile.
Vediamo i pro e i contro di due opzioni
Premetto che qualunque passaggio generazionale ci pone di fronte alla differenza tra conoscenze, competenze ed abilità: non mi dilungo su questo. Cerchiamo solo di non perdere di vista il talento: se c’è anche quello è fatta ! Tutto il resto si risolve.
Se il Change Manager entra per primo, prepara il terreno al Mentor creando le condizioni per un passaggio fluido. Il Mentor, infatti, trova un ambiente già predisposto al cambiamento e può concentrarsi sullo sviluppo del nuovo leader. Lo svantaggio è che, se il nuovo leader non ha ancora le competenze necessarie, potrebbe sentirsi sopraffatto dalle trasformazioni in corso.
Se il Mentor entra per primo può preparare il nuovo leader a gestire il cambiamento – fornendogli strumenti e conoscenze necessarie – ma lo svantaggio è che il processo di cambiamento potrebbe risultare più lento perchè il nuovo leader ha bisogno di tempo per acquisire le competenze richieste per guidare l’azienda.
Nel frattempo l’Executive Coach li guarda bonariamente, sapendo benissimo che in entrambi i casi, se non si lavora su mind-set, autonomia individuale, focalizzazione degli obiettivi, crescita personale, stili di leadership, consapevolezza di sé, relazioni con i familiari coinvolti, lo svantaggio sarà che le pianificazioni del Change Manager e del Mentor entreranno dalla porta e usciranno presto dalla finestra !
E quindi?
Un’ Organizzazione strutturata – con esperti che lavorano da anni in Team – deve poter dare una risposta precisa già dopo un primo incontro informativo con l’Azienda. Una cosa noi la diamo per certa: se è in atto un passaggio generazionale occorre una pianificazione e non è detto che le tre figure debbano necessariamente essere in azienda nello stesso tempo e nello stesso periodo. Possono intervenire anche a periodi alternati, di passo in passo, scambiandosi le informazioni fondamentali per consentire una danza fluida ad ogni cambio.
Il Mentor secondo noi
Chi lo chiama “il faro del passaggio generazionale”, chi il “navigatore esperto per giovani marinai”, chi “la torre di controllo dei nuovi piloti”: metafore ne abbiamo da vendere.
Poi c’è il Mentor secondo secondo noi: ha un ruolo cruciale, quindi è un esperto che ha esperienza solida nel settore di riferimento dell’azienda, ha una competenza trasversale nel mondo imprenditoriale (sia a livello direzionale sia operativo), ha sulle spalle anni di formazione aziendale erogate a giovani e meno giovani (deve saper trasferire competenze e know how soprattutto attraverso metodi di action learning ), è in grado di usare strumenti e tecniche di mentoring, di coaching e di comunicazione interpersonale ma soprattutto deve saper dire “no, grazie, non posso aiutarvi perchè del vostro settore di riferimento non ho esperienza diretta nè riuscirei ad aggiornarmi in tempi brevi per aiutarvi”.
L’apporto del Mentor nel passaggio generazionale
Il Mentor aiuta il futuro leader a comprendere le sfide del settore, a costruire relazioni con i clienti e a sviluppare una visione strategica per il futuro. Offre anche un punto di vista esterno ed obiettivo che può aiutare a risolvere conflitti e a prendere decisioni critiche durante il passaggio. Lo aiuta a valutare le diverse opzioni e a scegliere la strada migliore. Supporta la nuova generazione a sviluppare competenze manageriali e a guidarla verso la migliore versione futura di se stessa per la loro Azienda.
Il Mentor affianca e si fa affiancare: non sono la stessa cosa.
Competenza, empatia e una lunga carriera alle spalle: a prescindere da specializzazioni, master e quant’altro fondamentale in altri frangenti, il Mentor deve avere soprattutto esperienza e capacità di trasmetterla, strumenti per farla esercitare. Sento spesso dire: “facciamo affiancare un Mentor ai tuoi figli“. Noi facciamo affiancare i figli ad un Mentor. Imparano insieme a lui. E quando il Mentor li sentirà pronti, sarà lui a cambiare ruolo, sarà lui ad affiancarli per un pò e a renderli al più presto autonomi.
Executive Coach. Sviluppo personale e professionale
A differenza del Mentor, che trasferisce competenza ed esperienza, l’Executive Coach lavora per facilitare il processo di autoconsapevolezza e sviluppo delle skills necessarie per una Leadership efficace e la sua opera si rivolge tanto alla generazione che cede il comando quanto a quella che lo riceve. Deve affrontare le sfide emotive e sviluppare uno stile di leadership autentico attraverso sessioni di coaching individuali, aiuta il nuovo leader a prendere decisioni strategiche e a navigare le complessità del nuovo ruolo.
Ogni generazione ha visioni e aspettative diverse. L’Executive Coach aiuta le parti coinvolte a creare una visione condivisa per l’azienda, allineando gli obiettivi strategici alle aspirazioni personali.
E’ un ruolo fondamentale per gestire le dinamiche familiari, favorire il cambiamento culturale, aumentare la consapevolezza di sé di tutti i familiari coinvolti, sviluppare capacità di leadership.
Come si muove l’ Executive Coach
L’Executive Coach può organizzare sessioni di coaching individuali con i membri della Famiglia e sessioni di gruppo nelle quali pone domande stimolanti, offre feedback costruttivi e aiuta i partecipanti a sviluppare nuove prospettive; può facilitare workshop tematici per affrontare specifici aspetti del passaggio generazionale, come la comunicazione intergenerazionale, la gestione del cambiamento e la definizione di una nuova visione strategica; può accompagnare i nuovi leader nel loro percorso di crescita seguendo da vicino i nuovi leader e offrendo un supporto continuo e personalizzato.
Executive Coach specializzato nel passaggio generazionale
Innanzitutto deve averne esperienza: non è “ovvio”. Occorre che abbia almeno affiancato in diverse occasioni altri Coach che sanno gestirlo. E’ infatti chiamato ad avere competenze tecniche specifiche. Sono tante le dinamiche di fronte alle quali si troverà e deve saper entrare ed uscire da dinamiche familiari e processi aziendali. Ecco alcune delle competenze che deve portare in Azienda
Conoscenza approfondita delle dinamiche familiari – Comprensione delle dinamiche relazionali all’interno delle famiglie imprenditoriali, dei conflitti generazionali, dei legami emotivi relativi all’azienda e dei sistemi di valori familiari.
Esperienza in ambito aziendale – Conoscenza approfondita dei processi aziendali, delle strategie di business, della gestione del cambiamento e della leadership.
Esperienza di coaching – Competenze consolidate nelle tecniche di coaching individuale e di gruppo, capacità di facilitare la comunicazione e la risoluzione dei conflitti, abilità nel guidare i clienti verso la definizione e il raggiungimento dei propri obiettivi.
Conoscenza dei modelli di governance – Familiarità con i diversi modelli di governance aziendale e capacità di aiutare le famiglie a definire il modello più adatto alle proprie esigenze.
Esperienza in pianificazione strategica – Capacità di supportare le famiglie nella definizione di una visione condivisa per il futuro dell’azienda che in Team con il Change Manager e il Mentor verrà elaborata e organizzata in un piano strategico a medio-lungo termine.
In conclusione
Ogni azienda familiare ha la sua storia unica da tramandare. Ogni generazione che subentra aggiunge unicità. Anche i cambiamenti fanno parte della sua storia e dei valori che tramanda.
Un Team preparato e con esperienza è in grado di valorizzare le specificità di ogni realtà lungo il corso di ogni cambiamento e di ogni passaggio generazionale perché la prima consapevolezza di tutti è che la continuità dell’Azienda è sicurezza per la famiglia, lavoro per i dipendenti e ricchezza per il territorio sul quale la storia dell’azienda ha le sue radici.